giovedì 15 ottobre 2009

Psicologia, sorrisi e lacrime

Io ho una psicologa. La mia psicologa è morbida e bella. Ed è mia. Ok, solo un pochino. Però per quel pochino si.
Stasera ho notato una cosa comune fra noi pazienti della mia psicologa. In effetti me ne ero accorta da tempo ma stasera è venuto su come una bolla d'aria nel mare. Per spiegarvelo però devo prenderla un tantino larga (non tanto però, non preoccupatevi).
Intanto meglio sfatare un mito: non si va in terapia perchè si è matti come cavalli (vabbè, io si, ma mica tutti). Se ti fa male un callo vai dal podologo, se ti fa male la pancia vai dall'internista, a me faceva male l'anima e sono andata da lei. Ci puoi andare perchè hai un piccolo piccolissimo problema oppure perchè sei finito in una stanza buia e non trovi la porta, ma una volta che ci sei arrivato comincia l'avventura. Ed è davvero una bella avventura.
Oddio, è bella se trovi bello attraversare il Sahara con una sola borraccia d'acqua oppure fare una passeggiata in Siberia nudo e senza scarpe. In effetti è un po' come farsi strappare la pelle un pezzetto alla volta, o meglio è come strapparsi da soli la pelle con i denti un pezzetto alla volta. Si sanguina parecchio e fa pure male. Però ...
Però è bello lo stesso. Vuoi mettere quanto arrivi dall'altra parte del Sahara? E' fantastico, altro che bello. Certo, nella traversata ho pianto un sacco, ho brancolato nella stanza buia in cerca della porta infinite volte, senza trovarla. Ho girato in tondo ancora e ancora e ancora tastando i muri della prigione con le dita. Ho battuto sulle pietre ancora e ancora e ancora.
Ma non mi sono arresa e soprattutto non si è arresa lei, che probabilmente mi ha guardato tediata le infinite volte che ho girato attorno mancando ogni volta la porta. E sai le palle vedere qualcuno che non trova qualcosa che è lì, proprio davanti al suo naso? E sai quanti ce ne sono che girano attorno come me? Ufff! Ma la mia psicologa è una tosta. E in questi anni (non mi ricordo quando ho iniziato, forse nel 2004, non lo so più, ma insomma è un bel po') non mi ha mollata mai. Mi ha preso a calci, mi ha dato buffetti, mi ha consolato, mi ha guardato schifata, mi ha parlato, mi ha scacciato, mi ha abbracciato, mi ha cullato, mi ha scrollato, insomma ha fatto di tutto con me e per me, senza mollare mai. Nei miei sproloqui e nei miei silenzi.
Adesso andare da lei è bello davvero, io sono pronta a spiccare il volo ma mi piace riposare come un uccellino sul suo dito, guardandomi attorno e scrollando le ali. Ancora un po'. Adesso si ride un sacco e recito per lei i miei migliori sceneggiati, le mie migliori pieces, perchè mi piace vederla ridere e soprattutto perchè oggi recitare per me non è più una costrizione ma un piacere che posso prendere e lasciare. Tutto questo per dirvi una cosa.
Entrando e uscendo dallo studio spesso ci si incontra fra pazienti, uno che entra e uno che esce. E tutti noi ci guardiamo di sottecchi e ci salutiamo. E tutti, praticamente tutti, anche nei momenti peggiori, ci sorridiamo. In tralice, apertamente, dietro una sciarpa, con gli occhi, con le labbra, ci sorridiamo. Come se tutti, ma proprio tutti, covassimo il recondito pensiero e in fondo fossimo sicuri che lei ci porterà fuori dai nostri bui e ci farà vedere il sole.
E' forte la mia psicologa.

mercoledì 14 ottobre 2009

Oggi ce ne stavamo belli tranquilli in ufficio a studiare come infilare nel megasoftware un nuovo tipo di progetti, provando, litigando e ridendo, quando irrompe il tipo che da noi passa per essere quello che vale quanto il due di coppe quando la briscola è a spade.
Il tipo è profumato quanto una puzzola arrabbiata, ha la testa pelata piena di zelle (croste, bleah) che si gratta continuamente facendosi sanguinare il cranio, insomma è disgustoso, ripugnante e pure importuno. E ci comunica festante (lo odio) che alcuni di noi avrebbero dovuto sostituire un importante personaggio istituzionale ad una conferenza.
E ci guarda ghignando. Io ho visto il cetriolo ronzare intorno a noi, vibrando di goduria al pensiero che tra pochissimo avrebbe infilzato l'ortolano. Zzzz, zzzz, zzzz e voilààààààà!
Come al solito l'ortolano sono io e il cetriolo è piombato nel posto canonico del suddetto. Ma quando si sarebbe tenuta la fatidica conferenza?? Alle 15!! Ok, ok, ma di che giorno?? Ma di oggiiiii, ovvio.
Erano le 12. Già. Io ero vestita in jeans, capelli sporchi, niente trucco. Ma vaaaaiiiiiiii!!! E naturalmente avrei dovuto portare una presentazione con slide. Ma siiiiii!! E adesso immaginate Fantozzi che dice con tono profondo: 25 slides, contenuti chiari, gusto pulito.
Ecco fatto. E mettete insieme le 25 slides, i capelli spioventi sulla faccia, il cetriolo, l'ortolano e immaginatevi voi il mio umore. Bello, no?
Naturalmente la puzzola ci ha anche detto: ma ci saranno 4 gatti, ma che volete che sia, etc. etc. etc., perciò non vanno i capi, e ancora e ancora e ancora.
Risultato: sala da 1200 persone piena zeppa, convegno nazionale (e non riunioncina familiare), megaschermo 8 metri per 3, super palco / pedana gigante con 4 relatori 4: il mega assessore galattico (quello a cui urlano faccia di **** e altre piacevolezze), il mega coordinatore del super progetto in questione, il mega dirigente dell'istituzione e io, piccola, capelli spioventi e vestita in maniera improbabile che porge alla platea i saluti del mega animale istituzionale che sono venuta a sostituire. Ma .... grande intervento!!!
E adesso immaginatevi la mega mangiata di ca@@o che si sono fatti i miei capi per non essere intervenuti e per aver mandato me. E mi hanno anche dovuto dire grazie.
E son soddisfazioni!!!! Per non parlare dei due bei giovani in mezzo ai quali ho fatto il viaggio in taxi.

sabato 10 ottobre 2009

L'insostenibile leggerezza .... del sedere

L'altro giorno salivo le scale per andare in ufficio quand'ecco che da dietro qualcuno mi ha pizzicato il sedere. Ma non un pizzichino, un pizzicone a mano piena. Ellalà, mi giro pronta a mollare un paccherone! Mi freno in tempo, era una collega che scherzava. Ah!
Appena salite, però, arrivate in ufficio, la giovane fanciulla ha cominciato a fare un elogio del mio sedere: e quanto è tosto, e quanto sta su e qui e lì. Devo dire che non mi ero mai soffermata sul mio sedere, forse perchè è dietro di me e quindi non è sotto gli occhi. Sulle tette si, mi ci ero soffermata, perchè sono grandi (e mi sono cresciute molto tardi), perchè sono toste (e spero lo restino ancora a lungo) e perchè sono belle (e non lo dico io, ma amici al di sopra di ogni sospetto). Ma mi stanno davanti e quindi non le posso ignorare.
Ma dopo tutti 'sti elogi del sedere, mi sono girata a guardarlo, poi me lo sono toccato e pizzicato ed effettivamente era tosto. Eh si!!
Ah! Mi si è aperto un mondo! E allora ho cominciato a tastare il sedere a tutti in ufficio, ma solo per vedere se era tosto o fiappo. Mi si è aperto un altro mondo. Sederi fiappi a destra e a manca. Sederi piallati. Non sederi. Apperò!! Due soli sederi degni di nota, uno quello del giovane macho coccolone, che insomma, se è un po' teso reagisce alla toccata e allora si che stai toccando un sedere! E un altro, oddio, che non è un sedere, è un invito. Si impenna, esulta, sfiora il cielo con una rotondità. Non è un sedere, è un proclama! E vivaddio, così devono essere i sederi. A mandolino, a mandola reale. E il mio team leader così ce l'ha. Super. Ohhh!
E dai sederi allo spirito, non so perchè, il passo è stato breve. Forse perchè bisogna solo girarsi dall'altro lato per vederli.
E il mio di spirito in una sola settimana ha trovato una strada che non mi sarei aspettata. E' come se all'improvviso un colpo di vento abbia scompigliato i pezzi di un puzzle, rimettendoli tutti a posto.
E tutto ha trovato effettivamente il suo posto, sederi, colleghi, amici, famiglia.
E all'improvviso mi sono accorta che ho trovato la misura. La misura dei sederi e delle cose. Mi sento improvvisamente giusta. Giusta dentro. Non mi sento più inadeguata, la persona sbagliata al posto sbagliato e nel momento sbagliato. Che dice le cose sbagliata, che veste sbagliata, che è sempre un po' sopra o un po' sotto le righe.
No, all'improvviso ero giusta, con la giusta misura. Sapevo cosa fare, come farlo e cosa dire. Solo che ... dico e faccio le stesse cose, ma questa volta sono giuste. Perchè ci sto bene io.
Per tanto tempo ho cercato fuori di me le cose per essere felice o triste o seria o importante o professionale. Ma come siamo sciocchi a volte. Cerchiamo le cose nel posto sbagliato. E per questo mi sono sentita sbagliata. E' bastato girare lo sguardo e tutto era lì. Solo che non era fuori di me, era dentro.
I limiti, il senso, la serenità, l'allegria, la tristezza. Era tutto lì. Dentro, non fuori.
E quella bambina che mi sono portata dentro per tanto tempo, a cui non riuscivo a pensare senza piangere, che mi sembrava così sola e così triste, che dipingeva sola con gli acquarelli, quella bambina mi ha dato la mano.
E mi sono ricordata di tanti momenti belli, mi sono ricordata che quella bambina è stata anche felice, ha avuto amiche, ha avuto sorrisi. E zie e zii che le hanno voluto e le vogliono bene. Che ci sono.
Ho sorriso e mi ha sorriso. L'ho presa per mano e non ho pianto. Solo ho avuto i brividi e li ho anche adesso. E tutta l'energia che ho disperso è tornata da me. Mi sento come una calamita. Tutto torna.
Adesso ho spazio per tutto e per tutti. Per volervi bene e per fare battute cattive. E mi sento giusta. E ho un sedere tosto.
Che dire, a volte essere soli ti dà la misura del mondo. E del sedere.

venerdì 2 ottobre 2009

Il dolore e l'attesa

Ahi. Sento dolore. Io lo so che mi fa male vedere il mio stupido ex lui. Di più, io penso che abbia già un nuovo amore. Non che faccia nessuna differenza.
Il dolore che sento riguarda me e riguarda lui. E basta.
Riguarda la mancanza, la rabbia, l'amarezza, l'abbandono. Una fine miserabile per un grande amore. Riguarda le cose attorno a me che mi guardano attonite. Riguarda il fatto che alla fine vorrei poterlo non vedere mai più. Riguarda la speranza che si volatilizzi. Riguarda il fatto che contemporaneamente vorrei averci un rapporto normale, di normale colloquio, di normale amicizia. E vedo che non è possibile. Vedo che è tutto finito, ma proprio tutto. Vedo che per ora non posso nemmeno guardarlo, perchè mi viene da piangere. Non posso guardare i suoi ricci, nè il suo viso, nè il suo corpo. Non voglio sentire il suo odore, la sua voce.
Forse con il tempo. Forse. Per ora solo vederlo mi fa venire da piangere e mi stringe lo stomaco come in un pugno. All'inizio non è stato così.
Il primo impatto sembra sempre abbastanza sopportabile, poi realizzi e fa male. E' come quando muore qualcuno che ami. E io lo so.
Eppure non vorrei tornare al silenzio degli ultimi tempi. La mia testa mi dice che è meglio così, meglio che sia andato via, meglio che io sia finalmente libera dalla tortura del suo silenzio, dalla sua volontà di distruggere tutto. Meglio.
Ma al dolore non si comanda. Allora io farò come facevo un tempo. Immaginerò che la vita sia un fiume e che l'acqua scorra forte. Mi stenderò sul fondo e lascerò che scorra. Guardando in alto. Verso la luce e il sole. Lascerò che l'acqua scorra su di me e riposerò. Fino a che l'acqua non avrà lavato il dolore e la sofferenza e l'amarezza e la voglia di uccidere che ogni tanto mi prende. Fino a che il sole non brillerà più forte. E allora, solo allora, mi metterò seduta, tirerò fuori la testa dall'acqua e griderò la mia felicità. Di essere ancora viva, di esistere ancora e di desiderare ancora di amare qualcuno.
Ma ora no, ora mi stendo. Auguratemi buon sonno. E sogni d'oro.

giovedì 1 ottobre 2009

Essere il dott. House

Negli ultimi tempi mi sento molto Dott. House. Non perchè io curi gli altri, ma perchè sono massimamente intollerante degli altri e dico esattamente al millimetro quello che penso. E questo a volte è scomodo. In cambio velocizza gli scambi interpersonali. Non mentire praticamente mai è eccellente. Per l'umore innanzitutto, che non è ai suoi massimi; per il fegato, che non soffre; per la selezione delle altrui presenze e personali demoni (cito post caput mundi anzi treni); per la comunicazione, che si riduce ai minimi termini. E vogliamo mettere?
Però, nella mia massima intolleranza, da qualche parte, con qualcosa, forse il naso, boh? riesco evidente a comunicare anche una sostanziale disponibilità verso gli altri. Che non solo non se la prendono per le mie ingiurie, ma anzi sono contenti di interpellarmi per aiuti e cotillons. Mah!
Ieri per esempio ho avuto un incontro con l'anello mancante fra l'uomo e il gibbone, l'homo neanderthaliensis che si aggira nel mio ufficio dei bimbi sperduti. Ecco, richiesta d'aiuto in arrivo: che c'hai da fare?? No, normalmente faccio le trecce alle bambole qui al lavoro. Vabbè, che te serve? Non mi entra il calendario. Ah.
Considero l'essere attentamente, per vedere se posso suggerire di inserire il calendario in questione in qualche opportuna parte anatomica. Ma no, 'nduma va. La soluzione dell'homo è che il sistema informatico sbaglia. Gli espongo il difficile concetto che più probabilmente sbagliano o lui o l'ente che espone il calendario suddetto. Conto, sommo, guardo e gli strillo: attacca le puntine delle sinapsi, qui ci sono 40 ore e tu tenti di infilarne 42. Mi guarda con occhio vitreo e attonito. Esasperata, gli ingiungo di dettarmi il calendario che glielo infilo io (e so esattamente dove). Ok, lui detta. E non sbaglia anche a dettare? Lui e il calendario sono stati spediti via postacelere a dolci connubi sotto le stelle. Tutto ciò fra le risate degli astanti e persino dello stesso homo nea. che più veniva insultato e più sorrideva mite, tipo leone davanti alla frusta del domatore, che china il capo e si prosterna per evitare più duri colpi.
Che dire, anche essere aggressiva ultimamente mi viene così così... sarò diventata una mollacciona?
Ai postumi l'ardua.